Territorio montano

I boschi di Poggio

I confini naturali tra Umbria e sabina, sono limitati dal Tevere ad ovest e nel versante orientale da un sistema montuoso che prosegue, al di là del fiume Nera, nei rilievi collinari del comprensorio amerino. Questa catena è costituita dal Monte Cosce (m. 1114), Monte San Pancrazio (m. 1028), Colle di Vasciano (m. 925) e dal Monte Ventatoio (m. 909), ed è preceduta da una più bassa serie di alture rivestite dai boschi, alle cui pendici si trovano Calvi (m. 401) e Poggio (m. 387).
Poggio sorge su un colle di formazione pliocenica, dove affiora “il retico – il terreno più antico che si trova in Umbria – con una stretta striscia lunga 5 km, alla base dei calcari mesozoici del lias inferiore, che vanno a formare la maggior parte dei monti suddetti, ricchi di fossili di gasteropodi e dei branchiopodi.
Già Terenzi, sul finire dell’ottocento, aveva sottolineato l’importanza geologica di queste rocce liassiche: “Calcari bianco lattei o di color bigio, privi affatto di selci che stivate ad ovest, si perdono sotto il pliocene di rimpetto al castello di Borgaria e solo a Schifanoia ed al Poggio, le dette rocce spuntano fuori dagli addossamenti alluvionali e pliocenici” 

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L’antico castello di Poggio di Mezzo

Il suo toponimo, molto comune in queste zone dell’Umbria e della Sabina, deriva dal termine latino podium-ii che significa piccola altura e sta ad indicare proprio la disposizione collinare di questi borghi e paesi che portano questo nome. Il caratteristico centro storico, ancora oggi circondato dall’originale cinta muraria, è aggrappato alla montagna calcarea e circondato da boschi sempreverdi di leccio, pino e corbezzolo. Oggi sono più poche le persone che vi risiedono tutto l’anno, mentre d’estate torna a popolarsi, caratterizzandosi come luogo di villeggiatura tranquillo e fresco, analogamente a quanto succede nei paesi limitrofi. Ai suoi piedi, invece, si estende la nuova zona residenziale della frazione S. Maria, sviluppatasi a partire dal dopoguerra, dove iniziano le colline sabbiose e argillose che degradando arrivano fino al Tevere.

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